Ieri prima della cerimonia Draghi e Meloni si sono intrattenuti in un lungo colloquio e i sorrisi cordiali hanno fatto intendere una complicità tra i due.
Mario Draghi e Giorgia Meloni hanno avuto un colloquio lungo quasi un’ora e mezzo prima dell’atteso passaggio della campanella. In più, il premier uscente le ha consegnato dossier e cartelle per “partire bene” segno della continuità tra i due governi sulle priorità di massima urgenza. Già durante la campagna elettorale e dopo le elezioni c’erano state indiscrezioni su contatti tra la presidente di Fratelli d’Italia e il presidente del Consiglio.
La vittoria di Giorgia Meloni era abbastanza scontata e ovvio che sarebbe stata lei presidente del Consiglio. Il periodo drammatico che stiamo vivendo a livello economico e internazionale ha imposto una “transizione ordinata” come l’hanno chiamata. Ma pare che sia stata anche più di questo. Nonostante le smentite su un eventuale edorsement europeo da parte dello stimato Mario Draghi alla nuova premier su cui c’erano (e ci sono) dubbi e resistenze da varie parti dell’Ue, le parole pacificatrici dell’ex capo della Bce sul futuro governo italiano hanno placato gli animi dei detrattori.
Il segno di continuità tra i due governi nell’interesse nazionale
Il processo di moderazione di Meloni è stato visto anche fin troppo “draghiano” dai suoi elettori. Ma nonostante i suoi principi, Giorgia Meloni sa quanto è difficile questa battaglia in ambito internazionale sia per l’Italia sia per il suo stesso governo. Sa che se vuole continuare a governare deve farlo bene e vincere – quantomeno gestire nel miglior modo possibile – le sfide che la attendono in Europa.
I quotidiani parlano del passaggio di consegne più pacifico e con maggiore sintonia mai registrato prima nella storia della Repubblica. Un passaggio che segna anche quello generazionale da un uomo di 75 anni che ricoperto i vertici istituzionali internazionali ad una donna di 45 anni cresciuta nella politica sociale militante della periferia. Ma sebbene siano agli opposti, la stima non è mai mancata tra i due sia quando la neo premier era l’unica forza all’opposizione sia ora che ne raccoglie l’eredità internazionale. Da parte sua Draghi ha sempre apprezzato la schiettezza di Meloni e il suo sostegno sulla guerra.
Per questo l’ex premier ha ritenuto “naturale” mettere Giorgia Meloni nelle condizioni di “partire bene” per l’interesse nazionale consegnandole una cartellina rossa con i decreti legislativi da varare sulla concorrenza e il report sul processo di attuazione del Pnrr, con il monitoraggio sullo stato di avanzamento dei lavori. La continuità del governo Meloni con il governo Draghi è inevitabile per gli impegni presi in ambito nazionale e internazionale.